La poetica del fanciullino

Dalla visione oggettiva a quella soggettiva

La situazione culturale fra Ottocento e Novecento era caratterizzata dal rifiuto del positivismo, dalla sfiducia nella scienza e perfino nella ragione umana. Per Pascoli la realtà non conta tanto in se stessa, cioè come realtà oggettiva ma conta per come l'uomo riesce a vederla e a sentirla dentro di se e quindi come realtà soggettiva.

La teoria del “fanciullino”

In ogni uomo c'è un “fanciullo” che se si risveglia fa sognare a occhi aperti, fa scoprire il lato attraente e misterioso di ogni cosa, fa volare con la fantasia in mondi meravigliosi. Il “fanciullino” osserva le cose della campagna con una prospettiva rovesciata: le cose grandi le vede piccole e le cose piccole le ingrandisce. Questo fanciullo non è una questione anagrafica ma una condizione interiore che rappresenta la natura pura e ingenua che si può conservare anche in età adulta.

Il poeta-fanciullo

Chiunque riesce a conservarsi fanciullo secondo l'autore può:

  • guardare la realtà che lo circonda con stupore ed entusiasmo

  • percepire così il lato bello e commovente di ogni situazione

  • oltrepassare con la fantasia le apparenze comuni e banali.

Il fanciullino è colui che sa osservare poeticamente il mondo: le sue facoltà sono le stesse del sentimento poetico. Infatti il poeta è precisamente colui che come i fanciulli ha mantenuto l'infantile capacità di meravigliarsi e di intuire, rinuncerà all'eloquenza, alla dottrina e all'imitazione questo perché lo scopo della poesia è solo la poesia pura. Se invece l'arte nasce per affermare messaggi esterni tradisce se stessa e si consegna alla retorica. Pascoli sviluppa ulteriormente il parallelismo tra poeta e fanciullo:

  • Il fanciullo osserva ogni cosa con occhio incantato; anche il poeta-fanciullo sa cogliere le misteriose relazioni.

  • Il fanciullo “vede” le cose in maniera discontinua; anche il poeta-fanciullo esprime le proprie immagini in maniera istintiva e pre-logica se non irrazionale.

  • Al poeta fanciullo sfuggono però le giuste dimensioni perché egli sovreppone le immagini e le sequenze senza rielaborarle nel giusto ordine.

  • Le parole del poeta-fanciullo sono quelle incontaminate della gente semplice di campagna.

Il simbolismo pascoliano

Pascoli era un poeta genuinamente simbolista che dice le cose non come sono ma come le sente, l'intima conoscenza della realtà può essere espressa soltanto con i simboli. L'autore si lascia dominare dai particolari e per questo motivo le sue ambientazioni sono sempre analitiche.

Presenze simboliche: le campane, i fiori, gli uccelli

Le campane suonano come in La mia sera per evocare un'atmosfera di sogno, i fiori di Pascoli diventano il simbolo della sessualità bloccata, gli uccelli sono gli animali più citati dal poeta: essi si collegano da un lato al simbolo fondamentale del “nido” e dall'altro appaiono come abitatori di quella misteriosa regione che suggerisce messaggi e voci struggenti. Invece l'uccello notturno apre le porte all'incubo.

Il nido e la madre

Il nido è inteso come casa, famiglia e patria. Gli studiosi hanno voluto esaminare in chiave psicologica il motivo psicologico del nido e per loro è un sintomo:

  • della regressione all'infanzia

  • della sua istintiva diffidenza verso ciò che è sconosciuto

  • della volontà di restare chiusi e protetti in una piccola cerchia di affetti familiari

  • è un riflesso delle paure che nutriva verso la città

La crisi dell'uomo contemporaneo

È la biografia stessa di Pascoli a testimoniarci la sua incapacità di “uscire dal nido”, cioè di misurarsi con le difficoltà del modo di vivere un esistenza adulta. Diviene un simbolo poetico dell’intellettuale, dell’incapacità di vivere raffigurata in molti scrittori del Novecento.

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